Andrea Ceccobelli: cosa prevede la legge se un soggetto riprende con il telefonino?

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Quando è vietato pubblicare la foto di un’altra persona, quando si possono chiedere i danni e quando invece è possibile denunciare. 

Quando si ha a che fare con il diritto alla riservatezza bisognerebbe sempre rispettare l’antico precetto cristiano: non fare agli altri cioè che non vorresti fosse fatto a te stesso. Ecco perché è necessario astenersi dal pubblicare o diffondere foto ritraenti altre persone se non si è ottenuto prima da queste la relativa autorizzazione. Ed il semplice fatto che il titolare dell’immagine abbia già provveduto a pubblicare la foto sui propri canali social non autorizza gli altri a fare altrettanto.

Cosa succederebbe allora se una persona dovesse violare queste basilari regole di privacy? La diffusione di immagini tramite WhatsApp senza consenso è reato? 

Sul punto sarà bene fare alcune importanti precisazioni. 

Il diritto alla riservatezza è tutelato tanto dalla legge sul diritto d’autore quanto dal codice della privacy. Siamo in presenza quindi di una doppia tutela. Cerchiamo di capire pertanto come opera tale tutela, quali armi ha la vittima, quando è possibile denunciare il responsabile, chiedergli il risarcimento dei danni e ordinargli la cancellazione della foto. Ma procediamo con ordine. 

Riprendere una persona senza il consenso è vietato?

Prima di spiegare se la diffusione immagini Whatsapp senza consenso è reato dobbiamo fornire delle preliminari informazioni che renderanno ancora più chiara e semplice la comprensione della conclusione a cui perverremo a breve. 

L’articolo 96 della legge sul diritto d’autore stabilisce che il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa. La regola quindi è quella secondo cui nessuna immagine può essere pubblicata senza farsi prima rilasciare una “liberatoria” dalla persona ritratta: liberatoria che non deve essere necessariamente scritta (anche se la forma documentale servirà a cautelarsi in futuro da eventuali equivoci o contestazioni). Un modo per poter mettersi al riparo da possibili conseguenze legali, senza dover ricorrere alla liberatoria scritta, potrebbe essere girare un piccolo video o una registrazione vocale in cui il soggetto dichiara apertamente di approvare la pubblicazione. 

Si tenga poi conto che il consenso può sempre essere revocato: in buona sostanza la persona che abbia prima autorizzato la pubblicazione della propria foto può poi chiederne la cancellazione in qualsiasi momento.

Come tutte le regole anche questa conosce le sue eccezioni. Ve ne sono due e sono entrambe contemplate dal successivo articolo 97 della legge sul diritto d’autore. 

Tale norma stabilisce innanzitutto che non c’è bisogno del consenso della persona ritrattata per pubblicare l’immagine di una persona famosa o che ricopre un incarico pubblico o quando la pubblicazione è giustificata da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali. 

In secondo luogo non è necessaria l’autorizzazione alla  quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Si pensi al caso di un soggetto che viene ripreso nel corso di un corteo o di un comizio politico. L’importante, in questi casi, è che il soggetto ritratto non sia l’effettivo soggetto dello scatto ma un semplice elemento di contorno, come tale ineliminabile rispetto al contesto.  

Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro nella persona ritratta.

Quando la pubblicazione dell’immagine non si può fare

Da quanto abbiamo appena detto si può dire che la pubblicazione di una immagine altrui è sempre vietata quando: 

  • il soggetto ritratto non ha fornito il proprio consenso;
  • tale soggetto non è, allo stesso tempo, un personaggio pubblico o comunque famoso;
  • tale soggetto non si trovi nel corso di un avvenimento o di una cerimonia pubblica. 

La presenza invece di uno solo di questi elementi rende lecita la pubblicazione del volto altrui.

Attenzione però: come anticipato, tale pubblicazione non deve ledere l’onore della persona ritratta. Diversamente si potrebbe commettere il reato di diffamazione

A riguardo è interessante ricordare come una sentenza della Cassazione [1] abbia ritenuto sussistente la responsabilità, in capo a una casa discografica, per aver girato un video di una nota star del pop all’interno del quale, seppur sullo sfondo, appariva un uomo con la propria amante. Il fatto che i due personaggi fossero riconoscibili ha fatto scattare l’immediato risarcimento del danno. 

Pubblicare l’immagine altrui senza consenso: risarcimento del danno

Possiamo sicuramente dire che pubblicare l’immagine altrui è un illecito civile che configura il diritto della vittima a richiedere un risarcimento del danno. Il risarcimento è commisurato al danno che va dimostrato. Il danno, in altri termini, non è implicito nel fatto stesso di aver commesso un illecito.

Tanto più si darà prova del danno, tanto maggiore sarà il risarcimento.

Elementi che possono far ritenere sussistente il danno sono:

  • la conoscenza della pubblicazione e gli effetti che essa ha avuto sulla reputazione della vittima;
  • le conseguenze psicologiche sulla vittima determinate dalla lesione della propria privacy;
  • la durata della pubblicazione;
  • il ruolo, la professione o la notorietà della persona ritratta;
  • le conseguenze derivanti dalla pubblicazione illegittima. 

Per evitare problemi legali bisognerebbe sempre avere la cura di oscurare i volti dei presenti o comunque di renderli non riconoscibili. È infatti illecito pubblicare un’immagine che ritrae una persona non famosa anche in una porzione piccola della foto (ripresa da lontano) ma con il volto riconoscibile (conta la dimensione logica, non la dimensione fisica).

Pubblicare l’immagine altrui senza consenso è reato?

Una volta assodato che la pubblicazione dell’immagine altrui dà diritto al risarcimento vediamo se la vittima può anche denunciare il colpevole. Circa la possibilità di una querela, bisogna innanzitutto verificare quale norma penale viene violata. In questo caso si tratta dell’articolo 167 del codice della privacy che prevede il reato di illecito trattamento di dati personali tramite internet. In base a tale norma, chiunque pubblica una foto altrui su internet al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 1 anno e 6 mesi. Proprio la sussistenza di tali condizioni fa sì che la pubblicazione di foto altrui su internet non sia sempre reato. 

Come visto, la condizione per aversi reato e quindi sporgere la querela, è che chi agisce sia mosso da uno dei due seguenti scopi: 

  • un profitto per chi pubblica (si pensi alla ripresa di uno spot);
  • oppure un danno per la vittima.

Quindi il semplice fatto di scattarsi un selfie dinanzi a un panorama e poi pubblicarlo su Instagram o su qualsiasi altro social network o comunque su internet senza aver chiesto il consenso a tutte le persone ivi presenti e riconoscibili costituisce sì un illecito, ma solo civile. Non c’è infatti reato perché manca sia il fine di lucro che la volontà di danneggiare gli altri. Quindi le persone ritratte possono chiedere soltanto il risarcimento del danno. 

Viceversa, nell’esempio di chi giri una pubblicità per una televisione, essendoci il profitto, si commette reato. Nel caso di una persona che riprende due amanti che si baciano e poi diffonde il video commette reato perché c’è l’intenzione di procurare un danno.

Quando diffondere l’immagine su Whatsapp senza consenso è reato

Da quanto abbiamo appena detto, la semplice diffusione di immagini su Whatsapp senza consenso non è reato. Lo diventa quando c’è lo scopo di un profitto o di danneggiare la vittima. In tal caso infatti scatta il reato di illecito trattamento di dati personali tramite internet. In più si può anche configurare il reato di diffamazione quando la pubblicazione illecita dell’immagine o del video – al di là delle intenzioni del colpevole – offende la reputazione di chi vi è ritratto. In tal caso si rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Se poi si tratta di una immagine intima, scattata a seguito di un precedente consenso ricevuto dal soggetto ritratto ma poi diffuso senza la sua autorizzazione, si parla del reato di revenge porn.

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